Siccome negli anni '50/'60 a scuola praticavo ed amavo il salto in alto, seguivo con interesse e ammirazione Jolanda Balas che considero la più grande atleta e saltatrice di tutti i tempi. Saltava con la “sforbiciata” ed ha ottenuto il primato del mondo con metri 1,91 il 16 luglio 1961.
Io saltavo pure con la "sforbiciata" e a 15 anni ho saltato un metro e cinquanta centimetri ma con il “calcio di rana”. Vincenzo Buscaglia (detto Enzo), molto più basso di me (sarà stato alto un metro e sessanta), saltava con lo stile frontale ottenendo buoni risultati mentre Gian Marco Schivo (non era della mia classe) con il "ventrale" raggiungeva i due metri. Schivo si allenava professionalmente, ricordo che saliva saltellando per le scale del costruendo tribunale con il bilanciere carico di pesi sulle spalle: ha poi raggiunto i 2 metri e 17 centimetri. C'era il prof. Vittorio Bertellotti, campione regionale degli 800 metri, nostro docente di educazione fisica per qualche anno, che ci "allenava" sia durante le lezioni sia in qualche pomeriggio.
Mi piacevano tutte le discipline dell'atletica e vinsi la gara di classe-istituto dei mille metri battendo il velocissimo amico Gaspare Dato in una volata memorabile di circa 500 metri sul rettilineo della passeggiata Trento e Trieste (i primi 500 metri li corremmo trotterellando fino al "giro di boa").
Il lancio del disco lo “praticavo” sulla spiaggia dei Tre ponti dove lanciavo le pietre piatte in mare.
In classe per un certo periodo ho avuto anche la romana Maria Nasuelli (o Anna-Maria Nasuelli nata il 19 luglio 1947; dopo il diploma si iscrisse alla facoltà di Lingue straniere), campionessa di tennis della quale ricordo un episodio: la professoressa di italiano (brava donna) le disse – a causa del disturbo che creava continuando a chiacchierare anche se già ripresa - che era maleducata e lei le rispose che non era vero perchè i suoi genitori l'avevano educata bene e non male e quindi caso mai doveva dirle che era ineducata senza offendere i suoi genitori. La professoressa, presa in contropiede e basita, incassò e non replicò.
Altri “campioni sportivi” della mia classe sono stati: Alberto Bertellini (detto Berto, mantovano con un torace più grande di quello di Luciano Pavarotti, che gettava il peso ad una distanza irraggiungibile per i compagni) e Danilo Moschetti (il ricciol biondo da Borello che sembrava fosse sempre addormentato mentre era il più grande scattista: alto ed elastico come gli attuali velocisti giamaicani).
L'educazione
fisica
per noi era
prevalentemente l'atletica (facevamo anche marce, esercizi a corpo
libero e qualche gioco di squadra) che praticavamo sia in palestra
sia all'aperto nel campo della G.I.L. e nei giardini di Villa Ormond:
ci divertivamo molto.
P.S. Enzo Buscaglia saltava a pesce di testa ed il professore non voleva perchè, con i tappeti in fibra di cocco, rischiava di rompersi l'osso del collo...
La gara dei mille metri piani che vinsi, credo quando ero in seconda o terza superiore, non l'avevamo mai corsa, partimmo lentissimi e questo mi andava molto bene perchè temevo mille metri tirati con calciatori come Dato, Ghersi, Pattone che oltre essere veloci erano resistenti. Al giro di boa lanciai la volata, mi misi in testa e non mi raggiunsero più perchè una volta lanciato sui quattrocento ero difficilmente superabile.
Nelle classi che ho frequentato in corso Felice Cavallotti vi erano tanti “atleti” oltre quelli sopra nominati, fra i quali è giusto ricordare:
Tosello Giacomo: alto 180 cm. veniva da Limone Piemonte dove praticava lo sci agonistico e voleva diventare maestro di sci. In inverno era sempre raffreddato. A Sanremo era ospitato da una zia: tornava a casa nel fine settimana.
Prette
Eugenio, cuneese, alto 180 cm. Ora commercialista a Bordighera. Aveva
un buon passo e con lui e Tosello andavamo a scuola insieme e tornavamo
sempre di corsa. Avevamo un allenamento tale che quasi non riuscivamo
più a camminare...
Massini Giordano, lombardo credo varesotto, alto 190 cm. Ora ha una agenzia di viaggi a Sanremo. Era un buon schermitore.
Ghersi Giuseppe, sanremasco alto più di 170 cm. con i capelli a spazzola, giocava a calcio nella Sanremese
Se aggiungiamo Enrico Arneri pavese alto 180 cm. non si può dire che fossimo un gruppo di piccoletti.
Dimenticavo: io sono alto 180 cm.
Sanremo, 19 agosto 2009
P.S.
Anche Patrucco
(divenuto pilota dell'Alitalia, mentre Palermo diventò pilota
elicotterista dell'Aeronautica militare) era alto 180 cm.
Sanremo, 22 agosto 2009
P.S. Pure Renzo Gianfelici,
cuneese di
Cherasco mio carissimo amico e compagno di banco nel triennio
iniziale delle superiori, era alto più di 180 cm.: era bravissimo nei
110 ostacoli che superava piegando la gamba sinistra di 90° come
Eddy Ottoz. Con lui ho giocato tante partite a biliardo a “stecca”
(con tre biglie e cinque o nove birilli birilli con varianti come
quella di rialzare e mettere i birilli caduti nel punto di caduta e non
nella posizione originaria del castello) e a boccette al bar Cristallo
di
Corso Garibaldi.
Bardolino,
1° ottobre 2009
RICORDI
SCOLASTICI
SANREMESI
"SCIENZA DELLE FINANZE" E VARIE
L'imposizione fiscale mi coinvolgeva molto perchè era un problema di famiglia in quanto tutti e sei discutevamo, specialmente durante i pasti, delle attività economiche (mia madre faceva la grossista, mia nonna la negoziante, mio padre l'ambulante e le precedenti due attività, noi figli davamo una mano in tutto). Il pagamento di I.G.E., Dazio, Ricchezza Mobile ed Imposta Complementare mi vedeva protagonista in prima persona. Andavo all'ufficio del Dazio per la bolletta di Uscita e poi per quella di Vendita con relativo pagamento. Compilavo le fatture e mettevo le marche dell'I.G.E. Quando ero diventato maggiorenne o quasi mio padre mi mandava all'Ufficio delle imposte per discutere dell'Imposta complementare. Le imposte erano una battaglia continua. C'era pure l'Ufficio igiene e poi introdussero anche la previdenza e l'assistenza sanitaria obbligatorie. Insomma c'era sempre da pagare...
Ovviamente io risentivo della libera attività economica che svolgevamo senza aiuto alcuno. Vendevamo moltissimo a prezzi imbattibili basti pensare che un giorno a Ventimiglia tagliai a pezzi tredici forme di parmigiano vendute prevalentemente alle francesi (qualcuna ci portava pacchetti di caffè ed enormi stecche gialle di cioccolato fondente Suchard da rivendere) ed una notte scaricai trecento forme di parmigiano da un camion proveniente da Reggio Emilia: il camionista stava sul pianale e mi passava la forme sul bordo del camion che era posizionato vicino al marciapiedi di fronte al magazzino dell'ex bar Messico, io le prendevo in ispalla e le posavo sul pavimento facendole rotolare fino alle “scalere” dove mio padre le prendeva e le sollevava fino al ripiano dello scaffale. In mezz'ora, al buio ed in silenzio, abbiamo scaricato e sistemato le trecento forme di parmigiano da trenta chili ciascuna. Era esaltante lavorare in quel modo con notevoli “scariche di adrenalina”. Portavo anche le mezze forme di parmigiano ai negozianti sanremesi sull'anca sinistra per non usare il passeggino di mia sorella che invece usavo quando andavo alla stazione per prelevare qualche cassetta di burro che arrivava dal caseificio Mori di Roverbella o le caciotte toscane che giungevano da Lucca. In via Corradi qualche donna ridacchiava vedendomi spingere il passeggino da bambini con sopra le confezioni di formaggio e provavo un po' di vergogna e allora procedevo più velocemente. I clienti ed colleghi di mercato ci stimavano ed ammiravano perchè battevamo tutti sui prezzi (il miglior parmigiano lo vendevamo a settantacinque lire all'etto con taglio parziale di crosta mentre gli altri lo vendevano a novanta o cento lire). I colleghi li chiamavamo per soprannome anche perchè non sempre ne conoscevamo il cognome: Cuneo (veniva da Mondovì), Severino (originario di Reggio Emilia), Magaletto (romano), Reggio (emiliano che abitava ad Arma di Taggia), Bruno (mantovano), tutti erano in coppia con la moglie: solo mio padre e Magaletto (con il figlio Tito e l'altro biondo attore di fotoromanzi) avevano l'aiuto dei figli. Che fatiche, che freddo d'inverno...! Come potevo essere comunista ? Perchè dovevo stralavorare per gli altri ? Chi guadagnava meno era meno bravo, meno veloce, meno forte, meno attivo. Mio padre talvolta di domenica faceva il mercato a Ceriana. I clienti facevano la coda per comperare da noi perchè praticavamo i prezzi più bassi di tutti. Mio padre andava di persona a comperare il parmigiano nel Mantovano od in Emilia mentre i colleghi ed i negozianti lo comperavano dai rappresentanti (mio padre vendeva parmigiano anche a qualche rappresentante perchè questi lo pagava più caro). Mio padre era un grande commerciante: rimasto orfano nel 1917 all'età di tre anni, andò con la madre a Birbes da suo zio Guglielmo il quale, pur avendo due caseifici, andava a vendere il formaggio che produceva in giro per i paesi. Dallo zio ha imparato a conoscere il parmigiano e a venderlo. Erano tempi duri, sua madre (mia nonna Teresa) mi raccontava che sua suocera la dava a pranzo “mes-ovo”, poi mia nonna trovò un'abitazione ed un negozio di alimentari in affitto a Roverbella che poi comprò da un signore di Mantova. Mio padre andava talvolta da suo zio Guglielmo e da suo cugino Ciro. Io sono nato in casa a Roverbella alle ore 23.00 del 6 gennaio 1947. Nella stanza dove nacqui, il mattino successivo il “bocal dal pis” era ghiacciato !
Erano tempi eroici. A Pozzolo (frazione di Marmirolo), dove ci trasferimmo nel 1949 perchè mio padre affittò i due negozi e la casa di Roverbella per fare l'ambulante (attività che aveva nel sangue), non avevamo il gabinetto (si andava dietro la stalla del vicino nonno del mio amico di asilo Sergio) e l'acqua dovevamo andare a prenderla al pozzo. C'era una sola lampadina in cucina.
La mattina del 10 marzo 1955 ci trasferimmo a Sanremo. Mio padre, dopo una moderata vincita al Casinò, aveva stipulato un vitalizio per l'acquisto di un appartamento e due magazzini con un negoziante sanremese di via Feraldi. Eravamo partiti da Pozzolo il pomeriggio precedente, viaggiato tutta la notte in macchina senza autostrade (non c'erano). Ci fermammo all'inizio di via Martiri della Libertà 19. Vidi passare delle donne con delle larghe ceste in testa piene di frutta e verdura che si dirigevano al mercato: non le tenevano ferme, avevano uno straccio a forma di ciambella posto fra la testa e la cesta: erano le camalle. Poi salimmo in casa e rimasi impressionato dal bagno: c'erano i rubinetti, la vasca con la doccia, la tazza del WC ed il bidet. Non sapevo come usarli. Che mondo diverso. Quando andai alla scuola elementare di via Volta mio padre volle che portassi al maestro Edoardo Hafner un pacchetto di burro come da tradizione contadina. Una volta il maestro (era un “armadio” istriano come Giovanni Raicevich che ci raccontò spezzasse con due dita lo spigolo di marmo di un tavolo) chiese pubblicamente a tutti gli scolari che mestiere facessero i loro genitori: io risposi il “furmaier” provocando l'ilarità dei miei compagni. Il maestro li redarguì e tradusse il termine in italiano. A Pozzolo i putlet parlavano solo in dialetto mantovano e nessuno aveva mai chiamato mio padre formaggiaio. Nella scuola elementare ero il più forte di matematica e nelle superiori sono sempre stato il primo della classe. Per un periodo (nel triennio finale) andavo a letto alle 14.00 e mi svegliavo alle 22.00 per studiare nel silenzio tutta la notte. Mi mettevo nello studio (allora mia madre aveva comperato anche due appartamenti adiacenti) per dedicarmi al latino, al greco, alla filosofia, alla glottologia indoeuropea, ecc. perchè frequentavo il corso sperimentale per Periti Aziendali e corrispondenti in lingue estere e non volevo studiare Economia e commercio che mi “usciva dalle orecchie” ma diplomarmi al liceo classico. Andavo a scuola un giorno sì ed uno no perchè era una perdita di tempo in quanto i professori spiegavano giustamente quello che c'era scritto sui libri di testo ed io studiavo gli argomenti per conto mio tanto che ero sempre avanti di un mese sulle spiegazioni. Mi diplomai all'Istituto Ruffini di Imperia con tutti otto e nove in Tedesco e Matematica ma sette in Educazione fisica (avevo risposto bene alle domande del commissario di Imperia e avevo saltato altrettanto bene la misura fissa di 120 cm. con stile “ventrale”. Fosse accaduto adesso avrei fatto ricorso perchè ritengo che quel docente fosse un “fisico” che non amasse gli “intellettuali”). Credo di essermi classificato primo in tutta la provincia per tutti gli ordini di scuola e ci rimasi male quando vidi un articolo sul Corriere di un ragioniere barese che aveva ottenuto tutti 10: avrei voluto confrontarmi con lui. Comunque sono stato sempre orgoglioso dei miei mezzi e all'università quando mi laureai (feci convocare la commissione i primi di luglio mentre volevano che discutessi la tesi in settembre: dopo aver sostenuto tutti gli esami impiegai un anno per completarla e mi scadeva una domanda per presentare domanda di supplenza nelle scuole) il prof. Schizzerotto, mio relatore, mi chiese se volessi la lode avendo superato abbondantemente i 110 punti, gli risposti di NO.
Ritornerò su questi argomenti perchè un argomento tira l'altro e per il momento vorrei ricordare che a Sanremo dagli otto ai quattordici anni feci il chierichetto di monsignor don Pasquale Oddo parroco della basilica di San Siro che ho sempre ammirato e stimato e gli sono sempre affezionato. Con lui andavo a benedire le case, a dare l'estrema unzione e servivo tutti i giorni messa prima alle sei e quindici, dopo la quale aiutavo mio padre a caricare la macchina e ad aprire il negozio, quindi andavo a scuola in bicicletta: una volta giunsi con la grembiala.
Ritornando al commercio, sono contento che avessimo i clienti più risparmiosi (certe vecchine volevano mezzo etto di stracchino non di più) e quelli affaristi che compravano grossi quantitativi di salumi e formaggi per non regalare i soldi inutilmente ai concorrenti. Penso che abbiamo fatto del bene alla gente accontentandoci del giusto guadagno (lavoravamo sul grande giro d'affari anche se mio padre si lamenta ancora adesso per le tante multe pagate), cosa che mi è rimasta nel sangue quando mi sono dedicato all'insegnamento e alla direzione scolastica.
Circa nel 1959 a Sanremo mio padre mi comprò d'occasione una grossa bicicletta Legnano nera. Sebbene fosse molto pesante, aveva il cambio a tre rapporti e questo mi permetteva di andare anche in salita. La usavo per andare a scuola ma soprattutto per andare al mercato di Ventimiglia. Infatti il venerdì a Ventimiglia c'era molto da lavorare e quindi era bene che gli dessi una mano: capivo qualcosa di francese, tagliavo le forme di parmigiano, preparavo la carta ed i pacchi, facevo i conti, davo il resto, caricavo la “familiare” e smontavo il banco. Quindi, terminata la scuola, prendevo il filobus in piazza Colombo e andavo a Ventimiglia. Siccome il filobus mi faceva vomitare, allora mio padre mi comperò la Legnano con la quale arrivavo prima del filobus e risparmiavo il costo del biglietto. Legavo la cartella alla canna della bicicletta. Alla sera caricavamo la bicicletta sul portapacchi.
A Pozzolo non avevo la bicicletta: usavo qualche volta quella di mia madre ma era troppo grande, comunque è con quella che ho imparato ad andare in bici. Una volta a Sanremo ho usato la bicicletta da donna di una ragazza i cui genitori avevano una macelleria all'inizio di via Martiri di fronte alla nostra abitazione. Sebbene fosse più vecchia di me, aveva una forte simpatia nei miei confronti e quindi una volta mi prestò la sua bicicletta per andare urgentemente alla stazione (non avevo ancora la Legnano ed avevamo venduto le biciclette di Pozzolo perchè non usabili dagli adulti se non nei tratti pianeggianti). Quando fui a metà della ripida discesa di via Verdi, frenai e fece presa solo il freno anteriore: “come al circo” la bicicletta si alzò posteriormente e ruotando sulla ruota anteriore fece un giro di quasi 360° con me in sella. Mi sentii volare con la testa in giù e con le gambe e la ruota posteriore sopra di me. Finii sull'asfalto, ma non mi feci un graffio essendo atterrato di piedi.
Mi feci qualche abrasione quando in piazza Eroi saltai di corsa, come al solito, una catenella dei paletti stradali e vi rimasi agganciato con il piede di ritorno sebbene non fosse più alta di sessanta centimetri.
Non
mi feci niente ma presi un notevole spavento quella volta che
scendendo scivolando prono a cavalcioni della ringhiera di legno
delle scale del mio palazzo caddi dal primo piano rialzato. Lo facevo
abitualmente ed ho continuato a farlo fin che ero bambino.
Fortunatamente non sono caduto sui gradini ma sul pianerottolo sul
mio fianco destro. Ancora adesso quando passo da quelle scale non so
capacitarmi come ho fatto a finire più di mezzo metro - rispetto
alla perpendicolare – lontano dai gradini e dal punto dove avrei
dovuto cadere senza urtare lo spigolo del gradino e senza sbattere la
testa. Credo che una forza misteriosa – che ringrazio - abbia
guidato la mia traiettoria che non è stata verticale ma obliqua o
curva.
Siccome
urlai, uscirono i vicini dagli appartamenti per vedere l'accaduto e
anche mia madre, ma non ricordo se fosse allarmata e o se mi
rimproverò.
Sanremo, 23 agosto 2009
RICORDI
SCOLASTICI – VALUTAZIONI E ALTRO
Dalla fine della seconda guerra mondiale sino alla riforma degli esami di Stato voluta dal ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer (Legge 425/1997 e D.P.R. 323/1998) le valutazioni fra “scuola dell'obbligo” e scuola secondaria di secondo grado erano molto differenti mentre ora numericamente sia di diritto sia di fatto sono omogenee.
Sino all'introduzione delle valutazioni qualitative nella scuola di base, i voti andavano dall'uno al dieci per tutte le scuole, però stranamente nella scuola elementare si ottenevano ed ottenevo anche dieci con lode mentre sulla scuola media e superiore il voto massimo si fermava all'otto, eccezionalmente qualche professore arrivava al nove ma mai al dieci. Qualche professore, oltre a distinguere gli errori rossi da quelli blu, scendeva nei compiti in classe (non in pagella) sotto zero.
SCUOLA ELEMENTARE DI POZZOLO. In prima elementare un giorno disegnai una bella mucca ben proporzionata e la mia vecchia severa maestra (veniva in Littorina da Mantova) mi accompagnò per tutte le classi della scuola per mostrare il mio disegno. Ero un po' imbarazzato perchè io disegnavo per me e non per mettermi in mostra nei confronti degli altri. Anche successivamente quando praticavo atletica mi interessava il risultato metrico o cronometrico ed il miglioramento che facevo e non la gara competitiva. Forse la maestra voleva dimostrare alle colleghe che era valida ed era soddisfatta di avere ottimi scolari. Quando veniva il direttore didattico gli faceva vedere i miei quaderni.
Se ero un bambino intelligente e anche piacente che colpa ne avevo se la pedagogia della maestra era pessima: mettere le orecchie d'asino al figlio dell'assistente di fronte alla madre e a tutti i bambini...? Ma erano altri tempi. Sta di fatto che essere intelligenti ed esteticamente gradevoli provoca invidie ed ostilità da parte dei meno dotati dalla natura (anche perchè purtroppo vi sono molte persone presuntuose che si vantano a scapito degli altri deridendoli e denigrandoli) ed è per questo che ho sempre cercato di evitare la frequentazione degli stupidi. Non a caso all'IBM quando formano i gruppi di lavoro cooperativi e non gerarchici cercano di comporli con persone di livello omogeneo che non siano troppo brave.
Lavorare con me è stato per taluni difficile specialmente quando erano abituati a relazionarsi con semplicemente discreti (avevano assunto quindi ruoli di una certa importanza), però le persone capaci hanno avuto la soddisfazione di avere un supporto adeguato (senza essere abbandonate a se stesse) e realizzare opere di grande perfezione. Ricordo che quando le elogiavo o le ringraziavo erano molto contente ed io pure perchè quando vedo una cosa ben fatta mi dà una sensazione di appagamento e benessere: è come ammirare un'opera d'arte. In conclusione: è bello lavorare in un gruppo di persone preparate.
Per
quanto sopra
scritto potrei
sembrare immodesto, ma oramai, per l'età raggiunta, voglio finirla
di essere timido altrimenti perchè mi sono
sacrificato tanto?
Ho lavorato bene e molto, mentre altri hanno lavorato meno di me ed
hanno guadagnato di più... Ma i soldi non mi hanno mai interessato
molto forse perchè mi sono sempre accontentato di quello che
guadagnavo facendomelo bastare e che non vedevo nemmeno avendo lo
stipendio accreditato
direttamente sul conto corrente bancario. Non invidio quei
commercianti che escono il mattino e non sanno quanto “porteranno a
casa” e forse perderanno tempo, tasse, spese di trasporto,
deterioramento delle merci... Quante
volte la mia povera mamma ha mangiato i pezzi di formaggio che si erano
accidentalmente schiacciati o formaggi che non si erano venduti e
rischiavano di guastarsi o fondelli di salame...
RICORDI
SCOLASTICI SANREMESI
BAGNI DI MARE INVERNALI
Con i miei compagni di classe cuneesi Prette e Tosello in inverno talvolta andavamo in corso Imperatrice a Sanremo per fare il bagno (adesso lo chiamano “Cimento invernale”). Dopo averlo fatto avevo difficoltà ad allacciarmi le scarpe perchè con le dita intirizzite non riuscivo ad annodare le stringhe. Il giorno successivo andavamo a scuola con i nasi rossi e gocciolanti.
Un
pomeriggio,
credo un
fatidico quattordici febbraio dei primi anni '60, andammo con mio
fratello Italo (più giovane di me di due anni e mezzo) nella spiaggia
libera di corso Imperatrice ed entrammo
in acqua dai vicini bagni Paradiso. Il mare era molto mosso e
marrone. I miei amici rimasero nella baietta delimitata dalle
scogliere e protetta dalle onde mentre io, che avevo le pinne, uscii
dallo
sbocco. Poiché c'era una forte corrente che mi portava verso Genova
decisi di non rientrare dall'imboccatura ma di salire sulla scogliera
davanti alla spiaggia libera dove ci sono ancora alcuni blocchi di
pietra di un antico porto romano. Attesi l'onda propizia che mi
spinse contro gli scogli che però non afferrai bene perchè avevo le
pinne che mi impedivano di far presa con i piedi. Quando l'onda
indietreggiò mi portò sotto di cinque/sei metri e, sebbene
sbattessi vigorosamente le pinne (ne persi una che pur essendo
galleggiante non ritrovai più) non riuscivo a risalire a galla.
Furono momenti terribili. Stava per mancarmi il fiato (non avevo fatto
in tempo a riempire i
polmoni d'aria) quanto il riflusso cessò e riuscii a tornare in
superficie ormai senza ossigeno: riuscii ad aggrapparmi ad uno
scoglio e salire in cima alla scogliera. Mezzo escoriato e contuso
scavalcai la scogliera e scesi nella calma baietta. Spaventatissimo
per il pericolo corso mi avviai verso riva quando vidi mio fratello
che usciva dallo sbocco senza pinne. Fui preso da un profondo
sconforto: non sapevo cosa fare e cosa avrei detto ai miei genitori
... (ero io che lo avevo invitato a fare il bagno). Dalla
disperazione mi sentii svuotato e semisvenuto ma dopo pochissimi
secondi
vidi mio fratello che era salito sulla scogliera e che sbracciandosi
mi salutava soddisfatto dell'impresa compiuta. Fui sollevato dal
fatto che si era salvato e quindi mi fermai a guardarlo felice e
sollevato sedendomi distrutto sulla sabbia. Mentre mi salutava giunse
un'onda che
superò la scogliera e lo investì alle spalle facendolo stramazzare
fra gli scogli. Si procurò qualche contusione, ma era salvo.
* * *
MUSICA
E RICORDI SANREMESI:
IDEE (MOLTO) ALLA RINFUSA
La musica è l'arte che mi affascina maggiormente perchè è invisibile. La considero più difficile di tutte le altre. Come fanno i musicisti ad inventarsi i brani ? L'ispirazione è qualcosa di non controllabile: se ci si mette a comporre a comando non si è spontanei ed i temi sono fraseggi meccanici. Mentre le arti figurative hanno un riferimento reale, la musica no (raramente vi è qualche tema onomatopeico).
Fino all'invenzione delle registrazioni la musica non si poteva conservare. Suonare (bene) uno strumento è impegnativo ma è indispensabile per comprendere ed apprezzare la musica. Io ho cominciato con lo studio della fisarmonica con un professore contrabbassista dell'orchestra sinfonica di Sanremo (deceduto da qualche anno, prima di “andare in pensione”) e dopo un anno sono passato al pianoforte con la prof. Mirella Salesi fondatrice e direttrice della scuola Ottorino Respighi di Sanremo.
Le lezioni di fisarmonica andavo a prenderle sia alla Mater Misericordiae sia nell'abitazione del professore nei pressi di Villa Helios. Il prof. aveva un solfeggio velocissimo (sembrava Mina quando cantava "Brava"). Suonavo con una fisarmonica presa a noleggio. Quelle di pianoforte sia alla Mater Misericordiae (con pianoforte verticale) sia in via G. Garibaldi nell'abitazione della prof. (aveva appena comperato uno Steinway and Sons a mezzacoda). Se commettevo un errore dovevo ricominciare l'esecuzione da capo.
A casa per un anno o due ho suonato con un nuovissimo pianoforte noleggiato al Foyer della Musica in via San Francesco (ora chiuso). Poi mia madre mi comperò un pianoforte di proprietà di un giovane italiano - segnalatomi dalla prof. Salesi - circa ventiquattrenne costretto al rimpatriato dalla Tunisia all'epoca della rivoluzione algerina e dell'O.A.S. Ho ancora questo pianoforte al quale sono affezionato perchè ha un suono caldo, meraviglioso e con il quale ho suonato pezzi "introvabili". E' un rarissimo Geissler a corde incrociate con candelabri ed intarsi in radica. Vi è inciso “Cesar Trionfo – Tunis”. Mi ricordo il giorno che lo comperammo (c'era anche mia madre e la prof. Salesi) in un appartamento al primo piano di via G. Garibaldi vicino al Rondò: il giovanotto suonò “Il fabbro armonioso” di G. F. Haendel per dimostrare la bontà dello strumento. “Suonava ad orecchio”. Poi ebbi occasione di ascoltarlo nell'esecuzione della Rapsodia in Blu di G. Gershwin dalla Salesi alla quale si era rivolto per migliorare la propria impostazione. Quel giovane mi impressionò: “suonare ad orecchio”, senza spartito, senza sbagliare una nota, pezzi impegnativi significava avere un grande talento musicale. Mi dispiacque che forse dovesse vendere il suo pianoforte per motivi economici, ma mia madre glielo pagò molto bene: credo 500.000 lire come un'automobile Fiat 500. Con quei soldi poteva comperarne due e mezzo di nuovi ma semplici e squadrati, però mia madre amava il bello e l'elegante. Aggiungo che una esecuzione del “Fabbro armonioso” come quella che ascoltai quasi cinquant'anni fa non ho più avuto modo di risentirla: ho comprato dischi e “scaricato” file musicali, ma nessuno ha saputo “martellare” come quell'italo-tunisino che “suonava ad orecchio” e che non sapeva leggere le note musicali.
Convinsi il mio amico e compagno di scuola Giordano Massini a dedicarsi con me allo studio del pianoforte visto che era un super appassionato di musica classica (aveva una enorme raccolta di 33 giri). Assistevamo alle conferenze del maestro rumeno Rosenkranz (?) presso la biblioteca civica ed ai concerti dell'orchestra sinfonica al parco Marsaglia.
* * *
ANNIVERSARIO
DI MATRIMONIO
*
*
*
Oggi alla Sagra
dei Osei di
Cisano ho comprato una cesena (Turdus pilaris): erano anni che
desideravo acquistarla e questa volta ho fatto uno sforzo perchè costa
molto.
... Omissis
...
Oltre a due colombi viaggiatori, due anatre ed una gallina ho pure un
passero del Giappone ed una “tessitrice” africana (Euplectes orix)
che
ha ormai 19 anni.
P.S. Ho anche tre pesci ed una gatta sedicenne che comunica con noi quasi come un essere umano.
* * *
MILITARI
DELLA
FAMIGLIA GIACOMAZZI
Io sono cresciuto con il mito dell'eroe. Sin dalle elementari sentendo il mio maestro Edoardo Hafner (quando lo incontravo per strada lo salutavo dicendogli "riverisco signor maestro") e leggendo i racconti di storia sul sussidiario, ammiravo Muzio Scevola, gli Orazi ed i Curiazi, Francesco Ferruzzi, Pietro Micca, Amatore Sciesa ed Enrico Toti. Il “tiremm innanz” ed il lancio della stampella sono i ricordi che maggiormente mi sono rimasti impressi.
Anche nel mio parentado vi sono stati uomini forti e coraggiosi:
Penso che la boxe vada abolita: non è certo la “noble art” come la definì James Figg.
Provai anche la scherma (fioretto) ma non mi piacque anche perchè sviluppa un braccio solo e soprattutto la maschera (sembra un burqa) impedisce di avere una visuale decente (non capisco coloro i quali vanno alla stadio per vedere le partite di calcio da dietro le reti di protezione...).
Sanremo,
24 settembre
2009
CORRIDA
Se il pugilato è una disciplina sportiva che deve essere vietata per le lesioni che procura agli atleti, anche la corrida deve essere proibita per le sofferenze (causate da sadiche torture) che procura ai tori. Basti pensare che, per irritare il povero toro che se ne starebbe tranquillo a brucare l'erbetta, gli infilzano uno spillone nei testicoli ed il picador gli fa un buco nella schiena per favorire l'azione dell'espada (il tutto ovviamente senza anestesia).
Ho assistito per la prima volta ad una corrida alla fine degli anni '50 nell'arena di Frejus in Francia. Mia madre si mise a piangere e non voleva guardare: le venivano in mente le sue mucche del Fenil di Pradonego. Mia madre è sempre stata una non-violenta tendenzialmente vegetariana.
Ho
visto anche una corrida negli anni '80 in Ispagna con mia moglie. E'
stata una pena: i torelli non volevano saperne di correre, gli espada
non centravano il foro sulla schiena ed il “dono” delle orecchie
era una schifezza.
Garda,
27 settembre
2009
IVONNE
HRADSKY: LA DONNA
PIU' BELLA DEL MONDO
SANREMO: COMPAGNI DI SCUOLA
Quando frequentavo il primo triennio delle superiori a Sanremo avevo come compagna di scuola IVONNE HRADSKY, una ragazza cecoslovacca che abitava nel quartiere San Martino. Per descriverla, non avendo una fotografia, faccio riferimento ai fumetti della Settimana Enigmistica dove viene rappresentata una signorina con i capelli biondi lunghi e piena di curve con le caviglie sottili. Era sicuramente la donna più bella del mondo, non esagero ma le varie miss Italia e miss Mondo impallidiscono al suo confronto (d'altronde non tutte le ragazze partecipano ai concorsi di bellezza). Aveva una sorella minore ed un'amica italiana ancor più formosa: GIUSEPPINA FIGONE che arrossiva imbarazzata quando per la strada la chiamavamo per cognome. Credo che entrambe abbiano sposato calciatori della Sanremese.
A mano a mano che scrivo i miei ricordi scolastici studenteschi, mi accorgo che a Sanremo avevo moltissimi amici e compagni non sanremaschi: Sanremo era una città internazionale. Infatti per un certo periodo ho avuto in classe i fratelli iraniani (avevano una nonna principessa) KADJAR Alì e Kiruja, questi era bravissimo col Motom con il quale faceva motocross; ora ha un negozio di antiquariato in corso G. Matteotti angolo via B. Cavour. Avevano le sopracciglia ed i capelli nerissimi ed Alì aveva un anno più del fratello.
Nel 1955 la mia famiglia si trasferì a Sanremo; mio padre era incerto se andare a Rapallo oppure a Sanremo, ma dopo la vincita al Casinò, anche dietro consiglio di mia madre, optò per quest'ultima. Decise di trasferirsi nella Riviera di ponente per due motivi: il primo perchè si accorse di avere sbagliato (me lo ha detto qualche mese fa) ad andare ad abitare a Pozzolo (solo per lucrare la differenza di affitto: pagava solo mille lire al mese di locazione mentre a Roverbella percepiva una somma decine di volte superiore sia della casa sia dei due negozi) in quanto era un paesetto senza prospettive di sviluppo, il secondo perchè io avevo bisogno di respirare area di mare (mia madre diceva che non sopportavo il freddo).
Quando
mi presentai
accompagnato da mio
padre alle scuole elementari di via A. Volta al direttore didattico
dottor COTTA (?) (era un signore ultracinquantenne sempre vestito con
giacca grigia e cravatta e portava il pizzetto) lesse la relazione
della mia maestra e decise di assegnarmi al maestro Edoardo Hafner in
una classe seconda prestigiosa frequentata da quasi tutti sanremesi:
CARLO (piccolo di statura ma scaltro che cercava di competere con me
nella rapidità di soluzione dei problemi di matematica, credo sia
diventato commercialista), COTTINI (suo padre era un croupier molto
benestante), COSTA (commercianti farmaceutici: fornivano tutte le
farmacie della provincia ed avevano il magazzino all'inizio di corso
Imperatrice), RAMBALDI (bravissimo in disegno, divenne idraulico come
suo padre), CALVINI o COVINI (aveva la farmacia davanti al casinò). Non
ricordo le bambine, forse era una classe tutta maschile.
Caprino Veronese, 17 settembre
2009
P.S.
La classe era
mista perchè mi sovviene che alcune compagne si sono iscritte
all'università.
Aggiungo che il maestro ci portava a ginnastica soltanto un'ora alla
settimana, ma
non con regolarità, nel cortiletto della scuola (non c'era la palestra,
non avevamo tute o
scarpette varie), durante le lezioni dovevamo stare sempre nel nostro
banco e l'intervallo era molto breve. Finita la scuola ce ne andavamo a
casa e giocavamo soltanto con i bambini del vicinato.
Verona, 26 settembre 2009
* * *
RITROVAMENTO
MOTORE FUORIBORDO
Quando contribuii fattivamente all'arresto del ladro brasiliano a Ventimiglia non percepii alcuna ricompensa ma circa dieci anni dopo (ero studente universitario) sì. Il fatto si svolse come segue.
D'estate, a Sanremo, andavo al mare ai Tre ponti e talvolta facevo lunghe nuotate al largo. Un giorno a circa tre-quattrocento metri da riva vidi sul fondo sabbioso a circa dieci metri di profondità un motore fuoribordo di colore azzurro e rosso (credo un Evinrude). Mi immersi e vidi che era nuovo. Decisi di recuperarlo ma non potevo portarlo a galla. Allora procedetti ad una lunga serie di immersioni e camminando sul fondo portavo verso riva il motore che in acqua non pesava moltissimo. Quando mi mancava il respiro riemergevo per ossigenarmi. Avrò impiegato più di un'ora per giungere sulla spiaggia ma alla fine, distrutto e “rincitrullito” per tutte le apnee che avevo fatto, recuperai il motore. Lo esaminai e vidi che era rotto soltanto nel gancio di fissaggio alla barca, lo caricai in macchina e lo portai al Samantha. Il pomeriggio successivo vidi dalla spiaggia una modesta imbarcazione targata GE nel punto in cui avevo trovato il motore: girarono per pochi minuti e poi se ne andarono. Il loro comportamento mi insospettì. Sebbene il motore lo considerassi una res derelicta, mi recai alla capitaneria di porto ed il comandante mi disse che quel motore era stato rubato: qualche notte prima qualcuno aveva prelevato nel porto di Sanremo un gommone con il motore fuoribordo e secondo lui lo avevano trainato in una zona tranquilla al largo dei Tre ponti. Poi avevano tirato a bordo il gommone e nella manovra avevano perso il motore. Il giorno dopo erano andati nel posto dove avevano probabilmente “perso” il motore per recuperarlo. Siccome avevo fatto un fatica tremenda chiesi la ricompensa. Il comandante cadde dalle nuvole, ma io ricordavo bene l'insegnamento della professoressa Bosio e quindi insistetti per ottenere il premio spettantemi. Il proprietario mi diede una somma che credo oscillasse fra le venti e le cinquantamila lire. Insomma la fatica fu ricompensata moderatamente. Non so se poi riuscirono dalla mia descrizione a rintracciare i ladri.
PROFESSORESSA BOSIO
Verona,
26 settembre
2009
* * *
Mia madre era celtica, mio padre è retico ed io sono di razza retica anche se fino all'età di due anni avevo i capelli ricci e biondi ma quando me li tagliarono mi crebbero castani e lisci (diventano ricci dopo i sei centimetri). Mio fratello Italo e mia sorella Sline (Teresa) sono celtici con i capelli biondi, gli occhi azzurri o verdi e la carnagione chiara.
Credo
non ci siano
al mondo altre
persone che si chiamano SLINE. E' nata in casa il pomeriggio di un
domenica di febbraio a Pozzolo. Mia madre era assistita
dall'ostetrica e da alcune amiche. Io ero nell'aia ad attendere
l'evento. Subito dopo la nascita mi misi davanti alla porta della
camera e non facevo entrare alcuno: c'erano le vicine che venivano a
fare visita a mia madre e vedere la neonata. Quando fu battezzata il
parroco non accettò il nome Sline perchè non era il nome di una
santa e quindi le venne imposto Teresa in onore di mia nonna e con
l'aggiunta del secondo nome Donata. Noi l'abbiamo sempre chiamata
Sline.
Cerea, 6 ottobre 2009
P. S. Mia madre era
celtica della
etnia dei BOI.
Garda, 19 dicembre 2009
* * *
ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MIA MADRE
Domenica
scorsa è
stato il ventesimo
anniversario della morte di mia madre. E' morta a Sanremo nella Villa
Helios durante la notte dopo una breve malattia. Il giorno seguente
il cielo assunse un forte colore grigio-rossastro con vento e lieve
strato
di nuvole. Il mio orologio al quarzo si fermò per tre giorni e,
senza cambiare la batteria perché segnava l'ora della morte di mia
madre, riprese poi a funzionare ininterrottamente ancora per un anno
e mezzo.
Ciao mamma.
P. S.
Oggi,
rimettendo in ordine la mia libreria ho trovato una busta azzurra
sigillata con sopra scritto che conteneva la batteria dell'orologio che
si fermò il giorno della morte di mia madre (4 ottobre 1989). Vi è
anche scritto che l'orologiò continuò a funzionare con la medesima
batteria sino all'aprile 1993 cioè ancora per oltre tre anni e mezzo.
Ciao mamma.
Caprino Veronese, 24 narzo 2010
* * *
BAGNO "ROSSO VERONA
Ho da
poco
terminato di stuccare il
“bagno rosso” (mentre il “bagno verde” è da ultimare). E'
stata una grande soddisfazione completare l'opera che è iniziata con
la progettazione durata un paio di mesi e seguita, dopo una pausa,
dalla realizzazione durata un altro mese. Io e mia moglie abbiamo
visitato vari negozi di mattonelle e sanitari e poi abbiamo scelto di
piastrellare il bagno superiore con grandi e pesanti piastrellone di
color rosso Verona di una famosa ditta di Modena della collezione “I
marmi di I.”. E' stata un'impresa impegnativa anche perchè era la
prima volta che ci cimentavamo nella progettazione di bagni. Oltre ai
sanitari, alla rubinetteria, alla vasca ed ai mobili ci siamo occupati
della scelta delle piastrelle e, stante l'enorme offerta disponibile,
non è stato un problema di facile soluzione perchè a seconda del
modello e del colore si disponeva di decori diversi. Comunque ce
l'abbiamo fatta districandoci in listelli, torelli, london, sigari,
greche, mosaici, ecc. Abbiamo dovuto calcolare le varie misure, il
numero dei pezzi e delle confezioni. Dopo ho dovuto seguire i lavori
passo passo perché Luigi, il miglior posatore in circolazione, non
voleva saperne di piastrellare il soffitto che, su sua richiesta, è
stato rifatto e rinforzato. Gli ho dato una mano comperando i
ponteggi di legno, ritagliandoli e sistemandoli a mano a mano che
procedeva nella posa. Poi ho stuccato le fughe delle piastrelle e dei
decori con colori diversi facendo miscele varie con relative prove e
ritagliando gli incastri. Le piastrelle erano a spigolo vivo. Ma la
mia grande fatica è stata quella di convincere i muratori,
l'idraulico ed il piastrellista che le tubature dei sanitari dovevano
essere poste nel pavimento, che i sanitari dovevano essere
equidistanti, che la vasca da bagno doveva avere un bordo esterno e
che si poteva piastrellare il soffitto senza pericolo pur se le
piastrellone avevano due centimetri di spessore. Alla fine ho avuto
ragione io, ma che fatica convincere i tecnici... anche perchè certi
lavori complicati non li avevano mai fatti. Dimenticavo che le
piastrelle le ho trasportate tutte io in casa in ispalla su per le
scale e che ho dovuto stuccare con la spatola duecentosessanta metri
lineari di fughe in posti talvolta difficili. Mia moglie mi ha aiutato
moltissimo, ma doveva farlo perché sua è stata l'idea di rifare i
bagni. E' stata lei a comperare le colle ed i colori, ad effettuare
i calcoli e ad assistermi. Durante la progettazione era nervosetta
perchè ho
rivisto più di una volta le due pianificazioni (anzi tre perchè
abbiamo ripiastrellato di azzurro la cucinetta inferiore) ma alla
fine è stata molto soddisfatta.
Ho portato a mio padre i saluti di sua cugina Regi di Caprino (la madre di mio padre e la madre di Regina erano cugine) e questi mi ha raccontato che quando negli anni '30 morì la madre di sua cugina, mia nonna Teresa e sua nipote Pina partirono da Braga ed andarono a piedi a San Zeno di Montagna per avvisare la sorella della Regi. La distanza fra Braga e San Zeno di Montagna è di 17 chilometri.
Ceva (Cn), 8 novembre 2009
* * *
“IL RACCATTA CICCHE”
Questa
sera, venerdì 11
dicembre 2009, a Garda presso il Centro congressi il gruppo teatrale
“Contrade” di Pescantina ha rappresentato la commedia musicale
“Ridere … se la va bene o male!” ispirata all'attore triestino
Angelo Cecchelin. Simpatici. Uno dei personaggi era il “Leva
cicche” (di sigaretta) che durante la mia infanzia chiamavamo “Raccatta
cicche”.
Un “raccatta cicche”
l'ho conosciuto a Sanremo nella seconda metà degli anni '50: era un
uomo
ultra cinquantenne che portava un barattolo metallico attaccato alla
cintura nel quale metteva la cicche delle sigarette che trovava per
le strade. Per raccoglierle usava un bastone che in punta aveva due
chiodini sottili con i quali infilzava le cicche senza doversi
chinare per raccoglierle.
Anch'io ho fatto il
“raccatta cicche” quando mia “zia” Matilde Coghi roverbellese
che si era trasferita a Sanremo ed abitava in via Roma, mi chiese di
raccogliere un chilo di tabacco di cicche di sigarette. Mia zia era
assessore comunale della Democrazia Cristiana e benefattrice (un
giorno, per esempio, mi portò in comitiva in corriera a visitare
alcuni cottolenghi liguri) e voleva regalare il
tabacco ai
carcerati di “Santa Tecla”. Così dovetti girare per le strade di
Sanremo a raccogliere le cicche delle sigarette (senza l'uso del
bastone chiodato) che poi mia madre puliva togliendo carta, carbone e
l'eventuale filtro. Preferivo ovviamente le cicche lunghe delle
sigarette senza filtro. Nella raccolta mi ha aiutato mio fratello
Italo e talvolta mi sono trovato a “fare concorrenza” al vero
“raccatta cicche” … Quella pia esperienza durò alcuni giorni .
Aggiungo che mio padre
forniva il “Cottolengo” della Madonna della Costa e che veniva a
fare acquisti nel nostro negozio (perchè praticavamo i prezzi più
bassi) un funzionario delle carceri sanremesi il quale aveva una
lista di generi alimentari che comprava per ordine ed a spese dei
carcerati. Qualche volta portavo io stesso gli alimenti ordinati dai
reclusi all'entrata del carcere e li consegnavo agli agenti di
guardia.
Ora il forte di “San
Tecla”, ex fortezza genovese, da qualche anno non è più adibito a
carcere ed è un attesa di nuova destinazione d'uso. L'ho visitato di
recente, ma si sente ancora nei cameroni l'odore di piscio dei
reclusi che nei decenni è penetrato nel pavimento e nei muri.
L'EX CARCERATO
Un giorno si presentò nel nostro negozio sanremese Palma (di nome ...?) con il padre: era un meridionale trentenne credo siciliano che abitava nei pressi di piazza San Siro. Fece la spesa e dopo disse che non poteva pagare perché era appena uscito dal carcere e che avrebbe saldato il conto successivamente. Siccome ormai aveva preso il sacchetto con la merce, mio padre rimase spiazzato e suo malgrado dovette accettare la situazione. Non ci era mai capitato un episodio del genere e capimmo che quella era una estorsione e che non sarebbe mai terminata. Da notare che l'ex carcerato aveva ordinato i prodotti migliori in grande quantità. Palma si presentò anche nei giorni successivi ma mio padre, nonostante le proteste e le non troppo velate minacce, non gli consegnò la merce. Tememmo ritorsioni, ma non accadde nulla: avrà continuato a vivere da suo padre (credo pregiudicato pure lui) rivolgendo le sue attenzioni ad altri commercianti che però non capitolarono e forse avvertirono i carabinieri o la polizia. Palma era stato condannato per furto. Successivamente ho rilevato che non svolgeva alcun lavoro tradizionale ma che dipingeva e vendeva (o cercava di vendere) quadri ai turisti in Corso Imperatrice. Avrà imparato a dipingere “croste” in carcere.
Garda, 11 dicembre 2009
TRUFFATORI GENOVESI
A
Sanremo alla fine degli anni '60 mio
padre fu contattato in negozio da due giovanotti genovesi che avevano
una trentina forme di formaggio parmigiano da vendere a poco prezzo
senza
fattura. Mio padre, che amava gli affari, andò a vederle sopra un
camion con telone e siccome erano di adeguata qualità decise di
concludere l'affare per circa un milione di lire. Stabilirono il
luogo appartato della consegna. Quando mio padre si presentò con mio
fratello per
pagare e ritirare le forme i “venditori” tirarono fuori le
pistole e si fecero consegnare i soldi e se ne andarono con il loro
formaggio... Ovviamente mio padre e mio fratello restarono a lungo
turbati.
Genova, 21 dicembre 2009
Oggi ho mangiato l'ultimo caco di mia produzione. Ne ho raccolti in novembre circa sessanta chili che ho immagazzinato a circa dieci gradi centigradi. Il fatto eccezionale è che, sebbene conservati nelle medesime condizioni, sono maturati gradualmente a gruppi di tre/quattro al giorno.
Mi restano ancora alcuni grappoli d'uva pizzutella che ho appeso in solaio: è diventata dolcissima anche perchè è leggermente “infiappita”.
FESTIVAL DI SANREMO 1961
In un pomeriggio di fine gennaio 1961, uscendo da scuola, in via Felice Cavallotti a Sanremo, con alcuni miei compagni di scuola ci fermiamo sotto le finestre dell'Hotel Méditerranée e chiamiamo Adriano Celentano che si sentiva fare le prove per il Festival. Si affaccia alla finestra della sua camera al primo piano, si mette a cavalcioni del davanzale e con l'accompagnamento della inseparabile chitarra ci canta “24000 baci”.
P. S. Nella cartolina vi è la fotografia dell'Hotel Méditerranée com'era ancora nel 1961 prima della ristrutturazione.
Sanremo, 21 febbraio 2010
Il prof. Eraldo Cugge (biondo, piccoletto e rotondetto) è stato preside delle scuole di Avviamento commerciale di Sanremo in corso Felice Cavallotti negli anni '50 e '60. Era scapolo e per un breve periodo è stato sindaco (si faceva trasportare con una grossa Lancia Flaminia blu) per la Democrazia Cristiana quando il municipio aveva sede in piazza Alberto Nota. Era stato eletto sindaco a causa di contrasti all'interno della D. C. sanremese (lui era super partes), ma quando furono risolti - cioè dopo pochi mesi – tornò a fare, a malincuore, il semplice consigliere (senza autista). Anche gli studenti erano dispiaciuti che Cugge fosse stato "defenestrato" ed usato come "tappabuchi", perchè avere un preside sindaco era prestigioso.
Alle superiori l'ho avuto un anno come professore di Ragioneria (aveva perso il posto di preside incaricato): purtroppo era un confusionario che riempiva la lavagna di tabelle e si notava che non era pratico di insegnamento (rispiegava le lezioni seguite all'università da Genova). Era originario di un paesetto dell'entroterra dove aveva una casa (Agaggio). Un anno ci portò in gita a Roma, Napoli, Pompei e Sorrento per una decina di giorni: fantastica ! Purtroppo si è goduto brevemente la pensione.
Era una persona onesta, ma come preside era manesco: quando gli studenti disturbavano, le professoresse li mandavano da lui il quale li metteva in fila come se fossero dei birilli e ad una velocità impressionante li schiaffeggiava con le sue mani grassocce. Si sentiva il fragore degli schiaffi in tutta la scuola perchè si metteva vicino alle scale. Il tragico della faccenda – mi dispiace per l'anima sua – è che sembrava divertirsi sadicamente a mollare ceffoni ai ragazzi (non alle femmine).
Altri tempi.
Caprino Veronese, 11 marzo 2010* * *
I
MAGNIFICI 7 + 1
Grappolo
d'uva “datera” del mio giardino.
Vite
acquistata a Trento alla fiera di San Giuseppe
circa
venti anni fa.
Foto
del 3 settembre 2010 (Caprino Veronese)
Garda, 4 settembre 2010
*
* *
ANNIVERSARIO
DI MATRIMONIO
Sabato
4 settembre
2010
ho festeggiato alla grande con mia moglie il 34° anniversario di
matrimonio. Abbiamo cenato a base di pesce nel ristorante “Catullo”
di Garda.
Ci siamo sposati a Verona
di sabato ed il giorno dopo siamo partiti per la Croazia in viaggio
di nozze. Durante la luna di miele una volta abbiamo mangiato i
saraghi alla piastra che avevo pescato (mi ero portato le canne da
pesca e per esche avevo usato dei paguri). Li abbiamo cucinati sulla
spiaggia utilizzando una lastra di pietra riscaldata con legnetti
trovati nei paraggi: erano eccezionali.
P.S. Mentre io predisponevo la piastra Anna era andata a comperare
l'olio.
Garda, 4 settembre 2010
* * *
TEMPO
D'ESTATE: MUSICA E CATEDRAL
DE BURGOS
Questa a sera a Garda vi
è stato un concerto lirico del soprano Lorena Campari accompagnata
dal pianista Stefano Romani: tanto mestiere e sfavillantii anelli con
diamanti naturali (non doveva cantare pezzi per tenore o baritorno...).
P.S. Meglio
sarebbe stato
invitare la padovana
Sonia
Peruzzo che merita di essere valorizzata.
P.S. Lorena
Campari non può
cantare "Napoletana"
perchè non ha la voce morbida e rotonda di Arturo Testa che sentii una
diecina d'anni fa all'auditorium Franco Alfano di Sanremo (nei giardini
del Parco
Marsaglia di corso Imperatrice chiusi scandalosamente da
anni...: farei un'occupazione permanente
di forza per liberarli superiore a quella di Beppe Grillo !).
P.S. Lorena
Campari, come
attenuante, sostituiva il soprano Ida Maria Turri che, a sua volta,
sostituiva il pianista
Alessandro Gagliardi.
Nulla a che vedere con la
Barraquina
che a Castellon
(Spagna) una sera di trent'anni fa cantò,
accompagnata da una poderosa banda, un fantastico e vibrante
Summertime.
Io ed Anna
capitammo per caso a Castellon – città natale della Barraquina –
e sentire quel soprano abituato alle grandi platee di Barcellona e
Madrid cantare all'aperto di fronte ai suoi compaesani e sovrastare con
la sua voce piena la possente banda cittadina è stato
estremamente emozionante. Eravamo gli unici stranieri. Quando io ed
Anna andavamo all'avventura per un mesetto in Ispagna - senza guide
senza cellulari senza navigatori senza Internet senza bancomat ma solo
con carte
geografiche – viaggiavamo a vista
e quando era tardo pomeriggio cercavamo un albergo. L'albergo più
bello nel quale abbiamo dormito in Ispagna è stato La Mesòn del
Cid a Burgos in piazzetta Santa Maria con camera matrimoniale avente
vista
frontale della cattedrale: dal letto vedevo ravvicinate le sculture
gotiche della facciata centrale illuminate anche di notte. Che
spettacolo ! Doveva essere la
seconda o terza volta che tornavo a Burgos perchè quando vado in
Ispagna cerco sempre di passare da Burgos per visitare la sua
cattedrale della quale mi affascinano in particolare l'altare
maggiore, il coro, il chiostro, la sacrestia e ovviamente
l'architettura esterna. E' un enorme complesso patrimonio
dell'umanità che ritengo sia uno dei maggiori capolavori mondiali.
Garda, 6 settembre
2010
* * *
MACROLEPIOTA PROCERA 2010
P.S.Erano
quasi
vent'anni che non andavo a cercare funghi, cioè da quando intrapresi la
carriera di preside.
Ferrara di Monte
Baldo, 16 settembre 2010
* * *
MACROLEPIOTA
PROCERA
1982
*
* *
COMPLEANNO
DI
PAPA'
Quel “ragazzetto” di mio padre ha
compito 96 anni: auguri papà.
Giacomazzi Angelo, 23 settembre 2010, Sanremo
Sanremo, 26 settembre 2010
CIAO
MAMMA
Caprino Veronese, 4
ottobre 2010
4 NOVEMBRE: ANNIVERSARIO DELLA VITTORIA
ONORE AI CADUTI PER LA PATRIA
Il
4 novembre 1918 si concludeva vittoriosamente la prima guerra
mondiale. La festività è stata spostata nel 1977, con mio
disappunto, dal governo Andreotti alla prima domenica di novembre.
Per
me è una ricorrenza molto importante anche perché mio nonno paterno
Valentino è morto nel 1917 combattendo in Val Lagarina per liberare
l'Italia dagli austriaci.
RICORDI
DI SCUOLA.
Durante la frequenza della Scuola professionale commerciale di corso
Felice Cavallotti a Sanremo, l'insegnante di Musica e canto corale ci
portava
frequentemente nell'aula di musica ed accompagnandoci con il
pianoforte ci faceva cantare numerose canzoni patriottiche.
Oggi,
esponendo sul davanzale della finestra la bandiera nazionale mi è
tornato in mente qualche versetto de “La bandiera tricolore”
(Dall'Ongaro/Cordigliani 1848) che cantavamo così:
E
la bandiera di tre colori
sempre è stata la più bella:
noi
vogliamo sempre quella,
noi vogliam la libertà!
Noi vogliamo
sempre quella,
noi vogliam la libertà!
La libertà!
La
libertà!
L'insegnante di musica, della quale non ricordo il nome ma la
fisionomia di quarantenne non molto alta con i capelli neri lisci, era
da me molto apprezzata anche se qualche volta durante
il coro le facevo qualche bonario scherzetto (senza che lei se ne
accorgesse) come nell'opera “I Puritani” di Vincenzo Bellini
quando invece di cantare:
… sia voce di terror: Patria, vittoria, onor.
qualche volta cantavo
… sia voce di terron: Patria, vittoria, onor.
Caprino Veronese, 7 novembre 2010
Studenti della classe III Istituto Tecnico Commerciale per Periti Aziendali e Corrispondenti in Lingue Estere di corso Cavallotti a Sanremo. Porto di Genova nel 1964.
Da sinistra a
destra
in basso: Franceschi, Fancello, Lupi (?), Balloni, Lanteri
Roberto, Lanteri Sandro,Astini, Alberti e Montoro
Da sinistra a destra
in alto: Palermo (?), Giacomazzi, Gianfelici, Morganella,
Dato, Bergamin, Patrucco, Ghersi, Professore di Geografia economica,
Giordano, Arneri, Moschetti, Massini, Alborno, Ligato e Kadjar Kiruja
* * * * *
Da sinistra a destra: Alberti, Gianfelici, Giacomazzi e Franceschi
* * * * *
Da sinistra a
destra
in basso: Franceschi, Lupi (?), Fancello, Balloni, Lanteri
Roberto, Casella, Carabalona (?), Lanteri Sandro, Astini, Alberti e
Montoro
Da sinistra a destra
in alto: Giacomazzi, Gianfelici, Morganella, Dato, Bergamin,
Raoul (?), Patrucco, Ghersi, Professore di Geografia economica, Arneri,
Moschetti, Massini, Alborno, Ligato e Kadjar Kiruja
* * * * *
Da sinistra a destra: Ligato, Montoro, Morganella. Moschetti, Fancello, Gianfelici, Giacomazzi e Lanteri Sandro
Caprino Veronese, 24 dicembre 2010P.
S. Mando un saluto affettuoso ai miei quattro amici Renzo
Gianfelici, Roberto Lanteri, X Montoro e Luigi Patrucco.
Caprino Veronese, 24 dicembre 2010
Siete sempre con noi: ciao
ragazzi.
Bussolengo, 25 dicembre 2010
Come ha detto mia moglie: "E' morta una brava persona. Non era invidioso. Non si impicciava negli affari degli altri anche se dava buoni consigli ai familiari. Non litigava con nessuno." Ha aggiunto che nella disgrazia della morte, io ho avuto la fortuna di averlo conosciuto per 64 anni (e non sono pochi anche perché mia madre è deceduta quando ne avevo 42)), che era sempre contento e salutava tutti. Era una persona serena e trasparente (rifuggiva gli "scondirotti" ovvero le segretezze).
Sanremo, 26 febbraio 2011
Mio padre
andava d'accordo con tutti e quando io mi 'inalberavo' per qualche
sopruso subìto mi diceva "Lasa star, lasa star".
E' rimasto
orfano all'età di tre anni (suo padre è morto nel 1917 e quindi non
l'ha conosciuto anche perché era in guerra. Ci sono ancora le
cartoline postali che suo padre Valentino gli scriveva (proprio
indirizzate a lui: teneva moltissimo al suo figlioletto Angelo), ha
partecipato alla guerra di Libia e nel 1955 da Pozzolo (frazione del
comune di Marmirolo) si è trasferito a Sanremo. Dopo qualche mese di
difficoltà durante il quale vendeva 'parmigiano' ai negozianti
sanremesi, ha ottenuto la licenza di commercio ambulante di formaggi,
burro e salumi (anche quella all'ingrosso per mia madre perché non
poteva essere intestatario di tutte e due le licenze). Poi comperò
da Romano Miglianti (suo coetaneo) il 'posto fisso' sul mercato
all'aperto di Piazza degli Eroi sanremesi (dove esercitava mia nonna)
fino a quando ci trasferimmo nel negozio del mercato coperto al
numero 19: fui io - su richiesta di mio padre - ad estrarre il numero
con posizione centrale in una riunione fra Amministratori comunali e
commercianti. Fui fortunato perché altri che avevano una buona
posizione centrale estrassero un numero che li marginalizzò. Mio
padre ha sempre detto che la 'posizione' è importante: dove c'è
passaggio c'è commercio.
Mia moglie mi ha fatto notare che dal
1955 mio padre ha goduto a Sanremo di tranquillità e benessere.
Peccato che sia rimasto vedovo nel 1989 di sua moglie Mafalda della
quale era innamoratissimo, però stava bene al Samantha con mio
fratello.
Negli ultimi anni aveva la compagnia del suo cagnetto Spillo e delle galline. Ha tagliato la legna fino a qualche mese fa. La domenica andava a Vallecrosia con Italo. Il lunedì andava nelle fasce di Ceriana. Fino ad un anno fa prendeva la corriera e faceva un giretto a Sanremo: andava a vedere i suoi negozi (e a riscuotere l'affitto), beveva un caffè al bar Rosa (così si chiamava) di via Pietro Agosti. Andava a vedere il mercato.
Quando mangiavamo insieme nella cucina del Samantha, dopo aver dato da mangiare alle galline, nutriva il suo cane perché “prima bisogna dare da mangiare a chi non ha la parola”. Il cane si metteva vicino a lui e mio padre gli allungava qualche boccone (con le “proteste” di mio fratello). Mio padre era quasi completamente sordo: portava l'apparecchio acustico destro; a sinistra non serviva. Dopo l'emorragia cerebrale del 18 gennaio 2011, che lo aveva irrecuperabilmente semiparalizzato, ci facevamo capire a gesti, facendogli vedere le labbra o scrivendo su un foglio di carta. Dall'estate scorsa si muoveva utilizzando un 'girello' senza rotelle perché le gambe non lo sorreggevano sufficientemente.
Nell'ultimo mese gli facevo da “badante” il sabato e la domenica. Voleva sempre andare in giro anche in automobile. Quando era in auto stava tranquillo, altrimenti era agitato: non mangiava quasi anche per le difficoltà di deglutizione.
Gli piaceva molto stare vicino al camino dove armeggiava e buttava la legna che aveva tagliato.
A causa della sordità aveva una comunicazione non completa anche se leggeva “La Stampa” che gli portavano da San Giacomo tutti i giorni. Alle otto di sera non mancava mai di vedere il Telegiornale 1 che lui chiamava “Bollettino” (come nel tempo di guerra). Guardava volentieri “L'eredità” di Carlo Conti, ma nell'ultimo mese non gli interessava più alcuna trasmissione. Io soffrivo non poter fare lunghi discorsi con lui. Aveva una grande memoria specialmente per le persone con nomi e date di nascita.
Si è
spento
per cause naturali (così recita il referto medico) alle ore 14.30 di
venerdì 25 febbraio 2011 in presenza del medico del 118, di mio
fratello Italo e di Emanuele. Io ero in autostrada all'altezza di
Manerbio (ho il rammarico di essere stato informato solo mezz'ora prima
del suo stato di salute perché avrei voluto essergli vicino negli
ultimi momenti di vita anche se era incosciente dal mattino a causa
della febbre, però non rimprovero nessuno perché non si pensa mai alla
morte che può sopraggiungere da un momento all'altro). Alle 18.00
quando sono arrivato con Anna Maria al capezzale
era ancora caldo ed era già stato cambiato. Anche morto, conserva il
suo sorriso sulle labbra perché era sempre contento.
Era un gran lavoratore (diceva: "chi si ferma è perduto"), quando ci
sono tanti clienti bisogna servirli sempre tutti alla svelta e bisogna
avere pazienza anche con quelli "ostici", talvolta andava anche a fare
il mercato di Ceriana la domenica. Spendeva pochi soldi (teneva
"strucco" come gli aveva insegnato sua madre Teresa) e si accontentava
di cose semplici. Non ha sprecato nulla.
Vedeva sempre l'aspetto positivo delle cose.
E' morta una brava persona.
Sanremo, 26 febbraio 2011
*
* *
VENTO DELLA
MORTE
Nel giorno in cui si sono
svolti i funerali di mia madre si è alzato un vento strano ed ora si
sta verificando lo stesso fenomeno per mio padre: da lunedì (giorno
della cerimonia religiosa) a mercoledì (giorno della
tumulazione).
L'anima vaga tremenda finché non ha lasciato questa terra e finché le
spoglie mortali non riposano in
pace nella propria tomba.
Saint-Laurent-du-Var,
1° marzo 2011
Sanremo, 23 settembre 2010 - Angelo Giacomazzi durante la sua ultima festa di compleanno.
Caprino Veronese, 19 marzo 2012
P.S. SIT-SIEMENS. Prima di accomiatarmi chiesi quando mi avrebbero fatto sapere qualcosa in merito all'esito del colloquio. Il “conduttore” principale mi disse che ero io a decidere se sarei stato assunto o no [modo assai strano di prendere una decisione di assunzione...]. Io risposi che ero soddisfatto e quindi mi ritenevo assunto. E lui: “allora va bene”. - Ho visto come era andata bene...Che falsi !
P.S. RONSON. Prima
di
dirmi che la laurea era troppo elevata per il lavoro che mi veniva
offerto (o per relazionarmi con un diplomato che avrebbe dovuto
impartirmi delle disposizioni di servizio), il “capo ufficio” cercò di
scoraggiarmi domandandomi
dove abitassi. Alla risposta “Sanremo” osservò che avrei dovuto
affittare un appartamento che mi sarebbe costato circa 400.000 lire
contro le 6/700.000 che mi avrebbero dato. Io ribattei che i miei
genitori potevano comperarne uno... Non è servito a niente...!
Caprino Veronese, 31 marzo 2012
E' il primo verso della poesia Im Nebel di Hermann Hesse (composta nel novembre del 1905) che studiai durante il corso di tedesco (credo con la savonese prof. Frumento) cinquant'anni fa a Sanremo e che mi sovviene ogni volta che vedo la nebbia. Recita così:
Im Nebel
Seltsam, im Nebel zu wandern!
Einsam ist jeder Busch und
Stein,
Kein Baum sieht den anderen,
Jeder ist allein.
Voll von Freunden war mir die Welt,
Als noch mein Leben licht
war;
Nun, da der Nebel fällt,
Ist keiner mehr sichtbar.
Wahrlich, keiner ist weise,
Der nicht das Dunkel kennt,
Das
unentrinnbar und leise
Von allem ihn trennt.
Seltsam, im Nebel zu wandern!
Leben ist Einsamsein.
Kein
Mensch kennt den andern,
Jeder ist allein.
Quant’è bella giovinezza
che
si fugge tuttavia!
Chi
vuol esser lieto, sia:
del doman non c’è certezza.
I MAGNIFICI
UNDICI 2015
Come
tradizione, anche ieri sera i Periti Aziendali e Corrispondenti in
Lingue Estere diplomatisi nel 1967 a Sanremo (sede staccata del
"Ruffini" d'Imperia) si sono riuniti per festeggiare l'amicizia ed i
gloriosi tempi della scuola. Sono trascorsi quasi cinquant'anni eppure
siamo ancora in forma, specialmente le ragazze che sono sempre di
classe e fascinose.
BAMBINO
DI 8 ANNI LAVORA IN FABBRICA
Desta
scalpore la notizia che ad Olgiate Olona un bambino cinese di otto
anni lavori nella fabbrica di assemblaggio pelletterie dei propri
genitori.
Perché
in campagna i figli non aiutano forse gli adulti rastrellando,
raccogliendo, trasportando e pulendo ?
Anch’io
da bambino ho vissuto un’esperienza simile. Nel 1955 (avevo otto
anni da poco compiuti) la mia famiglia si trasferì da Pozzolo
(frazione di Marmirolo) a Sanremo. Partimmo, con la Fiat Pininfarina
che mio padre aveva appena comperato permutando il proprio
camioncino, nel primo pomeriggio del mese di marzo ed attraversando
(senza autostrade che non c’erano) paesi, città, montagne e
percorrendo tutta la Riviera di Ponente alle prime luci dell’alba
del giorno seguente giungemmo a Sanremo in Via Martiri della Libertà
19. Attendemmo che il signor G. si svegliasse e ci desse le chiavi di
casa (per i primi tempi eravamo in affitto, poi la comperammo con i
negozi sottostanti). Nel frattempo scopersi un mondo diverso: c’erano
tutti palazzi e le camalle che scendevano dal Borgo dirette al
mercato con le ceste di frutta e verdura sulla testa
impressionandomi.
Subito
mio padre mi “impiegò” nell’attività di chierichetto. Verso
le 5:50 mi svegliava per andar a servir la messa-prima delle 6:15 a
San Siro. Il risveglio non era dei migliori: o le dita gelate giù
per il copin oppure le coperte volavano (non si usava il pigiama). Al
ritorno da messa verso le 6:45 lo aiutavo a caricare la macchina ed
il pomeriggio facevo qualche consegna ai negozi sanremesi di generi
alimentari. Certe volte partivo con mezza forma di parmigiano
appoggiata sul fianco sinistro e salivo per le scale di San Giuseppe
fino alla Madonna della Costa dove c’era il negozio di un cliente.
Non parlo dei trasporti dalla stazione ferroviaria né dei mercati
del venerdì pomeriggio a XXmiglia né del lavoro estivo. Credo ce ne
sia abbastanza per affermare che anch’io
sono stato un bambino cinese.
PS1.
Non me la prendo con mio padre che lavorava anche la domenica (andava
a Ceriana a fare il mercato): erano i tempi... bisognava lavorare
tutti per "guadagnare fin che si può perché i tempi possono
cambiare..." Inoltre mi è venuta un'energia tale che anche da
adulto e da non più giovane ho continuato ad essere attivo
fisicamente ed intellettualmente (non guardo mai la TV se non per
cinque minuti...): università, pianoforte, manutenzioni,
palestra,...
Nominativo (e paternità): | GIACOMAZZI VALENTINO DI ANGELO |
Albo d'Oro: | Veneto III - (Vol XXVIII) (29) |
Province: | PD - RO - VR |
Pagina: | 286 |
Sub in Pagina: | 7 |
Comune nascita: | Caprino Veronese |
Data nascita: | 16 Ottobre 1884 |
Grado: | Sergente |
Reparto: | 121 Reggimento Fanteria |
Distretto: | Distretto Militare Di Verona |
Morto o Disperso: | Morto |
Data Morte: | 19 Maggio 1917 |
Luogo Morte: | Castion Di Strada |
Causa Morte: | Ferite Riportate In Combattimento |
Decorazioni: |